Laboratorio di Microbiologia Generale

a cura di Gabriele Giliberti

Test di riduzione del blu di metilene

 

La qualità microbiologica del latte dipende da tre fattori fondamentali: lo stato igienico-sanitario della mammella dell’animale produttore, l’attrezzatura impiegata per la mungitura e le condizioni di trasporto e conservazione. Del primo inquinamento del latte sono responsabili, anche negli animali sani, prevalentemente micrococchi e lattobacilli; la presenza, inoltre, di processi infiammatori della mammella o di malattie infettive negli animali condiziona il numero e la specie dei microrganismi presenti nel latte (streptococchi, stafilococchi, Pseudomonas, micobatteri, brucelle). Ulteriori contaminazioni possono avvenire durante la mungitura, con conseguente arricchimento del latte in schizomiceti o miceti. Lo sviluppo microbico dipende poi prevalentemente dalla temperatura di trasporto e conservazione. Il latte, infatti, per la sua particolare composizione rappresenta un ottimo terreno colturale in cui i batteri lattici si moltiplicano velocemente sopra i 15°C acidificando il latte, mentre a 4°C la concentrazione dei microrganismi rimane pressoché invariata. Per questi motivi il latte prima di essere utilizzato viene sottoposto a particolari trattamenti, quali filtrazione, refrigerazione e pastorizzazione, allo scopo di rallentare o impedire modificazioni di origine microbica e di eliminare ogni rischio di trasmissione di malattie al consumatore, senza alterare le proprietà fisiche e nutritive del latte. I tipi di latte reperibili in commercio sono principalmente: latte intero a brevissima conservazione (48 ore), ottenuto filtrando, refrigerando e confezionando l’alimento in bottiglie a chiusura ermetica subito dopo la mungitura; latte pastorizzato a breve conservazione (3 giorni), ottenuto sottoponendo l’alimento ad un particolare trattamento (60-65°C per 30 minuti oppure 70-75°C per 20 secondi) per distruggere i germi patogeni, normalmente termosensibili; latte UHT a media conservazione (1-2 mesi), ottenuto mediante un trattamento con vapore fluente o con riscaldamento indiretto a 135-140°C per pochi secondi, che si differenzia dal latte pastorizzato per il minore contenuto microbico e per la maggiore conservabilità nel tempo; latte sterilizzato a lunga conservazione (oltre 1 anno), ottenuto mediante un trattamento a 120-130°C per 15 secondi sull’alimento già confezionato. L’esercitazione consiste nel confronto di un campione di latte UHT e di un campione di latte munto e conservato senza pastorizzazione. Il latte che contiene un elevato numero di batteri ha una concentrazione bassa di ossigeno, utilizzato dai batteri come accettore di elettroni. Il grado di qualità del latte può essere evidenziata con il blu di metilene che funge da indicatore redox: infatti esso perde il suo colore blu in ambiente anaerobico, indicando la presenza di una contaminazione significativa. La velocità con cui avviene la riduzione indica la qualità del latte: a) meno di 30 minuti = latte di qualità molto bassa (classe 4); b) tra 30 minuti e 2 ore = latte di bassa qualità (classe 3); c) tra 2 e 6 ore = latte di qualità accettabile (classe 2); d) tra 6 e 8 ore = latte di buona qualità (classe 1).

 

Protocollo sperimentale

ü    Versare 10 ml dei due campioni di latte (UHT e non pastorizzato) in due tubi.

ü    Aggiungere 1 goccia di blu di metilene in ciascun tubo.

ü    Invertire i tubi diverse volte e incubarli in un bagnetto a 37°C.

ü    Dopo 5 minuti, invertire nuovamente i tubi diverse volte per mescolare.

ü    Osservare nell’intervallo di tempo tra 30 minuti e 4 ore quello che succede, annotando il tempo a cui eventualmente si osserva il viraggio di colore del blu di metilene [Fig. 1].

 

Fig. 1: reazione del latte non pastorizzato (a sinistra) e latte sterilizzato (a destra) al test del blu di metilene.